"Il
mio bisnonno Michele Rigo faceva già l'imprenditore
tessile nel 1892 ed aveva 12 telai a mano per la produzione
di copriletti.
L'attività fu poi continuata da mio nonno Andrea e
l'azienda venne iscritta alla Camera di Commercio nel 1923.
Dopo il suo ritiro dall'attività nel 1954 i suoi tre
figli: Michele, che era mio padre, Margherita e Angelo entrarono
in azienda.
Io ho studiato a Torino e mi sono diplomato perito tessile
all'Istituto Guarrella. Andavo a scuola prendendo il filobus
e due tram, avevo quaranta ore di lezioni alla settimana.
Questo corso di studi era molto impegnativo e selettivo ma
mi ha permesso di acquisire un bagaglio di conoscenze che
sono state molto utili nel momento in cui sono entrato in
azienda . All'esame di maturità del 1958 siamo rimasti
promossi in quattro con altri quattordici rimandati e quattro
non promossi.
Dopo il diploma sono entrato a far parte della società
di famiglia assieme ai miei cugini: Roberto, figlio di Margherita
e Claudio, genero di Angelo.
Preferisco parlare del presente piuttosto che non rievocare
i ricordi del passato in quanto ritengo che i problemi odierni
rappresentino, per tutta l'imprenditoria tessile chierese,
un nodo di non facile soluzione e di estrema gravità.
Oggi la Cina, con milioni di persone che in parte vivono a
livello di pura sussistenza e sono disponibili a lavorare
per una ciotola di riso, riesce ad imporsi sui mercati ed
a sbaragliare la concorrenza in quanto è in grado di
realizzare dei prodotti molto simili ai nostri a prezzi veramente
competitivi. Oggi i cinesi lavorano in condizioni molto simili
a quelle dei nostri operai tessili di cinquant'anni fa, Un
lavoratore cinese, lavora per dieci - dodici ore al giorno
per sei giorni alla settimana con una paga mensile che si
aggira sui 40 $, inferiore di circa quaranta volte rispetto
alla retribuzione di un lavoratore italiano. I telai vecchi
utilizzati sono uguali a quelli che usava mio nonno in tessitura,
ma i cinesi li stanno rinnovando ed ora ci sono anche fabbriche
modernissime . Cinquant'anni fa i tessitori italiani dovevano
lavorare fino alle dieci di sera per sei giorni alla settimana
e non sempre era loro possibile fare una settimana di ferie
all'anno, eppure c'era bisogno di fare dei sacrifici per poter
crescere, la buona volontà non mancava. Il dumping
cinese è un fenomeno sociale da non sottovalutare sia
per i minori costi della mano d'opera correlati ad una enorme
disponibilità di forza lavoro sia per la disponibilità
delle persone impiegate, il cui lavoro rappresenta probabilmente
l'unica fonte sicura di sopravvivenza e di elevazione sociale.
La globalizzazione sta permettendo l'estendersi di una realtà
che diventa sempre più preoccupante e che può
essere paragonata, per analogia, a quella presente nel nostro
paese negli anni del boom economico quando la necessità
e la voglia di lavorare non facevano difetto a nessuno, l'importante
era costruire per il futuro e per migliorare le proprie condizioni
di vita. Mentre in Italia e in Europa l'evoluzione economica
è avvenuta in maniera graduale, la Cina ha saltato
le fasi intermedie della propria crescita: accanto ad aziende
tecnologicamente arretrate ne sono sorte altre nuovissime,
informatizzate. I dazi non rappresentano uno strumento di
difesa adeguato per poter reggere nel tempo; non si può
ritornare indietro agli anni dell'autarchia perché
facendo in questo modo non è possibile risolvere i
problemi di fondo. Il futuro delle aziende italiane è
saper reggere la competizione con il resto del mondo e questa,
a sua volta, dipende dalla capacità di innovazione
nei processi produttivi e nei prodotti realizzati: E' necessario
rimettersi in gioco sforzandosi di inventare in continuazione,
di meglio e di più. La mia società, per essere
competitiva, ha dovuto cambiare, dal '63 ad oggi, i suoi telai
per ben cinque volte, passando dai quelli a frusta con 100
battute a quelli a nastro con 170 colpi e poi ancora ad altri
tre diversi tipi di telai alti con un numero di battute sempre
maggiore sino ad arrivare agli attuali 350 colpi al minuto.
Ovviamente questo ha comportato dei notevoli investimenti..
Nell'attuale contesto economico l'artigiano tessile ha uno
spazio sempre più ridotto a causa della continua necessità
di adeguarsi tecnologicamente e per la carenza di mezzi propri.
Il conseguente ricorso al mercato finanziario e l'elevata
quantità di denaro preso in prestito ed i suoi costi
rischiano di compromettere in modo significativo l'economicità
della gestione.
Fare impresa significa saper stare sul mercato: nel tessile
questo è ancora possibile per le imprese medio- piccole
che si sono ritagliate una produzione di nicchia con un proprio
mercato, difficilmente imitabile da parte della concorrenza
straniera.
Oggi la mia impresa punta molto sui prodotti di alto livello:
realizziamo infatti tessuti d'arredamento che hanno addirittura
otto tipologie di filati di trama. Il 60% dei nostri prodotti
è indirizzato verso il mercato estero, il restante
40% rimane in Italia e viene collocato sul mercato attraverso
alcuni rappresentanti, Diamo occupazione ad una quarantina
di addetti diretti e ad altri 50 dell'indotto.
Partecipiamo inoltre alle fiere internazionali arrivando fino
ad Hong Kong per poter far conos sui mercati stranieri le
caratteristiche e le qualità dei nostri articoli.
Oltre ad occuparmi della mia impresa sono presidente della
Associazione Industriali Cotonieri nell'ambito dell'Unione
Industriale di Torino, carica che ricopro dal 1993, tranne
una breve pausa di due anni attorno al 2000.
Sintomo della difficoltà del tessile chierese è
stata la chiusura della sede della LIT nel 1999, dopo un secolo
di attività; gli associati si erano decisamente ridotti
per cui sono confluiti nella Associazione Cotonieri.
Tra le ultime attività della Lit è bene ricordare
l'organizzazione, a metà degli anni Novanta, di alcuni
corsi per operaie specializzate (orditrici, annodatrici) e
assistenti di tessitura, in collaborazione con l'ENAIP.
Ma ora il problema maggiore è far fronte alla concorrenza
straniera: per questo come Associazione Cotonieri in collaborazione
con Confindustria Piemonte stiamo organizzando un consorzio
per la commercializzazione dei nostri prodotti con il compito
di presidiare i punti di vendita che verranno creati all'estero". |