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Le ricerche - Storie di vita

Testimonianza di Andrea Rigo
(classe 1939)
Imprenditore tessile
Chieri - Istituto B. Vittone - 15 marzo 2005
"Il mio bisnonno Michele Rigo faceva già l'imprenditore tessile nel 1892 ed aveva 12 telai a mano per la produzione di copriletti.
L'attività fu poi continuata da mio nonno Andrea e l'azienda venne iscritta alla Camera di Commercio nel 1923. Dopo il suo ritiro dall'attività nel 1954 i suoi tre figli: Michele, che era mio padre, Margherita e Angelo entrarono in azienda.
Io ho studiato a Torino e mi sono diplomato perito tessile all'Istituto Guarrella. Andavo a scuola prendendo il filobus e due tram, avevo quaranta ore di lezioni alla settimana. Questo corso di studi era molto impegnativo e selettivo ma mi ha permesso di acquisire un bagaglio di conoscenze che sono state molto utili nel momento in cui sono entrato in azienda . All'esame di maturità del 1958 siamo rimasti promossi in quattro con altri quattordici rimandati e quattro non promossi.
Dopo il diploma sono entrato a far parte della società di famiglia assieme ai miei cugini: Roberto, figlio di Margherita e Claudio, genero di Angelo.
Preferisco parlare del presente piuttosto che non rievocare i ricordi del passato in quanto ritengo che i problemi odierni rappresentino, per tutta l'imprenditoria tessile chierese, un nodo di non facile soluzione e di estrema gravità.
Oggi la Cina, con milioni di persone che in parte vivono a livello di pura sussistenza e sono disponibili a lavorare per una ciotola di riso, riesce ad imporsi sui mercati ed a sbaragliare la concorrenza in quanto è in grado di realizzare dei prodotti molto simili ai nostri a prezzi veramente competitivi. Oggi i cinesi lavorano in condizioni molto simili a quelle dei nostri operai tessili di cinquant'anni fa, Un lavoratore cinese, lavora per dieci - dodici ore al giorno per sei giorni alla settimana con una paga mensile che si aggira sui 40 $, inferiore di circa quaranta volte rispetto alla retribuzione di un lavoratore italiano. I telai vecchi utilizzati sono uguali a quelli che usava mio nonno in tessitura, ma i cinesi li stanno rinnovando ed ora ci sono anche fabbriche modernissime . Cinquant'anni fa i tessitori italiani dovevano lavorare fino alle dieci di sera per sei giorni alla settimana e non sempre era loro possibile fare una settimana di ferie all'anno, eppure c'era bisogno di fare dei sacrifici per poter crescere, la buona volontà non mancava. Il dumping cinese è un fenomeno sociale da non sottovalutare sia per i minori costi della mano d'opera correlati ad una enorme disponibilità di forza lavoro sia per la disponibilità delle persone impiegate, il cui lavoro rappresenta probabilmente l'unica fonte sicura di sopravvivenza e di elevazione sociale. La globalizzazione sta permettendo l'estendersi di una realtà che diventa sempre più preoccupante e che può essere paragonata, per analogia, a quella presente nel nostro paese negli anni del boom economico quando la necessità e la voglia di lavorare non facevano difetto a nessuno, l'importante era costruire per il futuro e per migliorare le proprie condizioni di vita. Mentre in Italia e in Europa l'evoluzione economica è avvenuta in maniera graduale, la Cina ha saltato le fasi intermedie della propria crescita: accanto ad aziende tecnologicamente arretrate ne sono sorte altre nuovissime, informatizzate. I dazi non rappresentano uno strumento di difesa adeguato per poter reggere nel tempo; non si può ritornare indietro agli anni dell'autarchia perché facendo in questo modo non è possibile risolvere i problemi di fondo. Il futuro delle aziende italiane è saper reggere la competizione con il resto del mondo e questa, a sua volta, dipende dalla capacità di innovazione nei processi produttivi e nei prodotti realizzati: E' necessario rimettersi in gioco sforzandosi di inventare in continuazione, di meglio e di più. La mia società, per essere competitiva, ha dovuto cambiare, dal '63 ad oggi, i suoi telai per ben cinque volte, passando dai quelli a frusta con 100 battute a quelli a nastro con 170 colpi e poi ancora ad altri tre diversi tipi di telai alti con un numero di battute sempre maggiore sino ad arrivare agli attuali 350 colpi al minuto. Ovviamente questo ha comportato dei notevoli investimenti..
Nell'attuale contesto economico l'artigiano tessile ha uno spazio sempre più ridotto a causa della continua necessità di adeguarsi tecnologicamente e per la carenza di mezzi propri. Il conseguente ricorso al mercato finanziario e l'elevata quantità di denaro preso in prestito ed i suoi costi rischiano di compromettere in modo significativo l'economicità della gestione.
Fare impresa significa saper stare sul mercato: nel tessile questo è ancora possibile per le imprese medio- piccole che si sono ritagliate una produzione di nicchia con un proprio mercato, difficilmente imitabile da parte della concorrenza straniera.
Oggi la mia impresa punta molto sui prodotti di alto livello: realizziamo infatti tessuti d'arredamento che hanno addirittura otto tipologie di filati di trama. Il 60% dei nostri prodotti è indirizzato verso il mercato estero, il restante 40% rimane in Italia e viene collocato sul mercato attraverso alcuni rappresentanti, Diamo occupazione ad una quarantina di addetti diretti e ad altri 50 dell'indotto.
Partecipiamo inoltre alle fiere internazionali arrivando fino ad Hong Kong per poter far conos sui mercati stranieri le caratteristiche e le qualità dei nostri articoli.
Oltre ad occuparmi della mia impresa sono presidente della Associazione Industriali Cotonieri nell'ambito dell'Unione Industriale di Torino, carica che ricopro dal 1993, tranne una breve pausa di due anni attorno al 2000.
Sintomo della difficoltà del tessile chierese è stata la chiusura della sede della LIT nel 1999, dopo un secolo di attività; gli associati si erano decisamente ridotti per cui sono confluiti nella Associazione Cotonieri.
Tra le ultime attività della Lit è bene ricordare l'organizzazione, a metà degli anni Novanta, di alcuni corsi per operaie specializzate (orditrici, annodatrici) e assistenti di tessitura, in collaborazione con l'ENAIP.
Ma ora il problema maggiore è far fronte alla concorrenza straniera: per questo come Associazione Cotonieri in collaborazione con Confindustria Piemonte stiamo organizzando un consorzio per la commercializzazione dei nostri prodotti con il compito di presidiare i punti di vendita che verranno creati all'estero".

 

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