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L '“onore”   

Più di tutti, l’onore, viene legato, nell'opinione comune, all'ambito familiare e sopra tutto a quello della vigilanza sulla sessualità femminile. Prima di discutere questo punto bisogna premettere che in tutte le società patrilineari, in cui il nome e il patrimonio vengono trasmessi preferibilmente seguendo linee maschili, occorre garantire la legittimità della prole, affinché i beni non passino a figli con un sangue diverso da quello del padre. Quindi, la sorveglianza dell'onore sessuale delle donne servirebbe a tutelare la continuità e la forza dei lignaggi. Tuttavia, gli studi storici e antropologici che hanno inserito l'onore all'interno del sistema di azioni concretamente praticate dagli individui e dalle famiglie hanno potuto accertare che i valori onorifici non costituiscono, in Sicilia come nel resto del Mediterraneo, un codice rigido e immodificabile.

L'onore degli uomini, messo in rapporto con la loro capacità di sorvegliare la sessualità delle proprie donne, e l'onore delle donne, docili e disponibili alla segregazione, sono in realtà sempre in rapporto con la valutazione pubblica da parte del gruppo di appartenenza, sia esso la comunità, il quartiere, la parentela, in un flusso, appunto, di relazioni che costruiscono e distruggono la fama.

“Le qualità interne che costituiscono l'onore (per gli uomini, ad esempio, la capacità di sorvegliare le donne, e per le donne la negazione della propria libertà sessuale) – ha scritto Giovanna Fiume - necessitano di un riconoscimento anche agli occhi altrui, debbono essere pubbliche, notorie”.

            Vi sono dunque molti spazi e strumenti per fondare, distruggere, ricostruire l'onore delle donne, degli uomini, delle famiglie. "Il fatto che ci possano essere forme di risarcimento a ferite all'onore, che questo venga perduto in modo non irreparabile e che possa essere opportunamente ricostituito, attesta che l'onore di un individuo viene negoziato e rinegoziato continuamente" , scrive ancora la storica palermitana. Di ciò si occupavano le comunità e i gruppi, attraverso mediatori e mediatrici che mobilitavano  e manipolavano l'opinione dei vicinati; ma si tratta di un compito che venne assunto anche dai gruppi dirigenti e dallo Stato stesso, attraverso istituzioni specializzate per la ricostruzione e la sorveglianza dell'onore. Confraternite laicali e istituzioni religiose costituirono  ritiri per fanciulle  orfane e sole che, private del sostegno della famiglia, avrebbero potuto facilmente cadere in "pericolo d'onore"; o per "malmaritate" e "ree pentite", donne battute dai mariti ed ex prostitute che, ricoverate nei conventi, si ritiravano dai pericoli del mondo per restituire una certa integrità della loro fama, costituendosi anche una dote che avrebbe potuto rimetterle sul mercato matrimoniale. A metà Settecento fu  istituita in Sicilia la "Deputazione delli Figlioli Projetti" per curare che i figli illegittimi venissero esposti, cioè abbandonati, di nascosto, servendosi di apposite "ruote" che mantenevano l'anonimato di chi era costretto a disfarsi di un neonato. Lo scopo dell'intervento statale, più che di tutelare la sopravvivenza dei bambini, che comunque, a cinque anni se maschi, a sette se femmine, avrebbero dovuto abbandonare le balie/affidatarie pagate dalla pubblica assistenza, era quello di proteggere "la reputazione di oneste famiglie" e di evitare aborti e infanticidi.

            A essere preoccupate del mantenimento di un livello accettabile di moralità pubblica erano soprattutto le classi dirigenti e le istituzioni statali centrali. Nei comportamenti pratici delle classi popolari, onore e vergogna rappresentavano in realtà un linguaggio duttile ed elastico, e difficilmente costituivano ostacoli insormontabili a successive reintegrazioni di valori messi in discussione solo momentaneamente. Come nelle altre società di antico regime, anche in Sicilia i tassi di illegittimità erano alti; le celebrazioni formali dei matrimoni potevano essere precedute da anni di convivenza; i concubinati, matrimoni provvisori i cui figli restavano esclusi dalla successione paterna, prima del Concilio di Trento potevano anche essere regolati da pubblici contratti notarili; la prostituzione era, sopratutto  in città, un mestiere comune, per esercitare il quale occorreva registrarsi e pagare una tassa, "li raxuni di li meretrici".

             I comportamenti privati legati alla gestione del corpo e della sessualità, soprattutto femminili, diventarono oggetto di regolamentazione pubblica, legislativa,  mano a mano che l'apparato dello stato centrale si rafforzava diventando capace di inoltrarsi su un terreno che fino ad allora era stato lasciato  alla contrattazione interna alle comunità. Siamo già nell'Ottocento: benché la prostituzione "professionale" fosse già stata separata dal "corpo sano" della società sotto il governo borbonico, sottoponendola all'autorità di medici e poliziotti, ancora gli autori delle inchieste successive all'unità d'Italia avrebbero registrato le voci scandalizzate dei funzionari locali che constatavano la promiscuità sessuale dei contadini siciliani.

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  Sommario
     
  Questione meridionale e stereotipi
  A partire dalla demografia
  Differenze nello spazio e nel tempo
  Gli insediamenti nelle aree del latifondo
  Le donne cardine della struttura familiare
  Le famiglie contadine nelle aree non cerealicole
  Le famiglie ricche
  I ceti subalterni urbani
  Il "familismo"
  L' "onore"
  La "segregazione"
    
      
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