Autarchia
L’autarchia
è una politica economica che persegue
l’autosufficienza di un sistema, attraverso la
massima riduzione di esportazioni e importazioni e il
massimo sfruttamento delle risorse interne.
In Italia la scelta autarchica venne annunciata da
Mussolini il 23 marzo 1936, con un discorso
all’assemblea nazionale delle corporazioni, in
reazione alle sanzioni economiche decretate dalla
Società delle nazioni contro il nostro paese dopo
l’ aggressione all’Etiopia. La politica autarchica
da una parte offrì una forma di protezione a oltranza
all’industria, e in particolare a quella pesante,
imponendo però un enorme sforzo per produrre
sistematicamente ciò che prima veniva importato;
dall’altra pose in misura ancor maggiore lo Stato al
centro del sistema economico, esasperandone il potere
di controllo e di programmazione.
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Le
leggi americane contro l’immigrazione
Dopo
la fine della I guerra mondiale, la ripresa dei flussi
migratori negli Usa coincise con un periodo di grande
tensione sociale. I lunghi scioperi, le forti proteste
operaie, l'entusiasmo per la rivoluzione russa,
alimentarono sentimenti di inquietudine e paura che si
tradussero in aperta ostilità nei confronti degli
ultimi arrivati, soprattutto ebrei e latini, accusati
di introdurre idee sovversive contrarie allo spirito
dell'autentico americano. Il risorto Klu Klux Clan,
innalzando la bandiera della più radicale xenofobia e
dell'antisemitismo, accanto al tradizionale odio per
gli afroamericani, riscosse durante gli anni venti un
successo tanto inaspettato quanto inedito negli stati
del Nord. Fu in quel clima che il Congresso votò il
19 febbraio 1921 il Quota Act, ovvero una legge che
limitava l'ingresso dei nuovi immigrati e stabiliva
che la quota annuale degli ammessi per ogni nazione
fosse il 3% rispetto al totale dei connazionali
residenti negli Usa nel 1910. Il 1 luglio 1924 entrò
in vigore un provvedimento ancora più restrittivo, il
National Origins Act, che stabiliva le quote di
accesso sulla base del 2% dei connazionali residenti
nel 1890, quando scarsa era ancora la presenza di
slavi, ebrei e latini. Nei fatti furono così chiuse
le frontiere per quei popoli. Il contingente italiano,
che secondo la legge del 1921 doveva essere di 42.000
unità, fu ridotto nel 1924 a 3.800 unità.
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Fondo
monetario internazionale
Fu
creato nell’ambito degli accordi di Bretton Woods
(1944) allo scopo di sostenere finanziariamente le
economie capitalistiche nei momenti di difficoltà,
attraverso la cooperazione internazionale in campo
monetario e la stabilizzazione dei tassi di cambio.
E’ costituito da dotazioni conferite dai paesi
membri e prevede utilizzazioni di prestiti da parte
degli stessi per fronteggiare temporanee difficoltà
di bilancia dei pagamenti.
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Banca
mondiale per la ricostruzione e lo sviluppo
Fu istituita, con sede a Washington, nel 1946, in seguito agli
accordi di Bretton Woods del 1944, con il contributo
di 45 paesi e l’esclusione di quelli comunisti.
L’obiettivo era promuovere lo sviluppo degli stati
membri e fornire loro consulenza.
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Piano
Marshall
Terminato
il II conflitto mondiale, gli Usa, che godevano di una
notevole capacità produttiva e di cospicue riserve
auree, approntarono un piano economico di aiuti
all’Europa, finalizzato anche ad aumentare in modo
rilevante le loro quote di esportazione. Il piano,
noto con il nome di George Marshall, già comandante
generale delle truppe americane e segretario di Stato
dell’ammistrazione Truman, fu approvato dal
Congresso il 3 aprile 1948. Si basava sulla necessità
di garantire i livelli di produttività interna
statunitense e di ripristinare le capacità
commerciali dell’Europa, sostenendo il suo sviluppo
produttivo. Dal punto di vista politico l’Europa
veniva in questo modo inserita stabilmente nel sistema
delle alleanze occidentali.
In sostanza gli Usa stanziarono in 4 anni circa 17
miliardi di dollari, al fine di permettere la
ricostruzione dell’Europa. Ai fondi, divisi in aiuti
gratuiti e a titolo di prestito, non poterono accedere
i paesi compresi nell’area di influenza sovietica.
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Coloni
parziari
Per
coloni parziari si intendono lavoratori agricoli
retribuiti con una parte del prodotto.
La revisione dei contratti colonia parziaria fu parte
dei decreti del 19 ottobre 1944 con i quali, il
governo di unità nazionale presieduto da Ivanoe
Bonomi, su proposta del ministro comunista Fausto
Gullo, tentò di dare una risposta alle rivendicazioni
contadine. Il
decreto che disciplinava i contratti di colonìa
parziaria stabiliva un riparto che oscillava tra 1/5
(per il concedente) e 4/5 (per il colono), e la metà,
a seconda del grado effettivo di partecipazione del
proprietario alla vita dell'azienda.
Si trattava di un notevole progresso per i
rapporti contrattuali in uso in Sicilia, che pure non
mancò di suscitare polemiche all'interno stesso del
movimento democratico e resistenze da parte dei
proprietari.
Da sinistra pur criticandone la limitata portata
rispetto agli obiettivi di rottura del sistema
latifondistico, se ne sottolineava l'utilità per
unificare il disgregato universo contadino: i decreti
erano visti come una sorta di grimaldello per forzare
le solidarietà interclassiste e per costruire una
forza politica e sindacale nelle campagne siciliane.
La necessità della loro difesa, anche a costo
di compromessi, fece accettare in un primo momento
come positivi al Pci gli emendamenti apportati
dall'alto commissario Aldisio (23 giugno 1945). Essi
consistevano in realtà per la Sicilia in un
ridimensionamento delle quote spettanti ai contadini.
Nelle terre granarie, la cui resa era inferiore ai
sette quintali per ettaro il riparto era piú
favorevole ai coloni (60 per cento) che ai concedenti
(40 per cento), mentre per rese superiori diveniva
progressivamente più favorevole ai proprietari
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Il
separatismo e le origini dell’autonomia siciliana
(lezione
di Rosario Mangiameli)
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Autonomia
regionale
La
Sicilia è una delle cinque regioni a statuto
speciale, come sancito dalla Costituzione del 1948
(art. 116). In realtà la nascita della Regione
precedette l’entrata in vigore della Costituzione. Il
principio dell’autonomia regionale siciliana entrò
nella fase di preparazione giuridica nel settembre
1945. Lo Statuto regionale fu promulgato con il
decreto legislativo luogotenenziale del 15 maggio
1946. Il 20 maggio 1947 si svolsero le prime elezioni
per la formazione dell’Assemblea regionale.
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Statuto
della Regione Sicilia
Il
principio dell’autonomia regionale siciliana entrò
nella fase di preparazione giuridica nel settembre
1945. Il progetto venne affidato a una Commissione
paritaria nominata dall’Alto Commissariato per la
Sicilia e composta da rappresentanti di tutti i
partiti. La bozza di statuto elaborata dalla
Commissione fu sostanzialmente accolta dalla Consulta
regionale siciliana: venne ribadita la competenza
esclusiva alla regione di alcuni tributi riscossi
nell’isola; la durata della legislazione fu definita
in quattro anni. Si prevedeva inoltre con l’art. 38
la costituzione di un fondo di solidarietà nazionale
in cui lo stato avrebbe versato finanziamenti da
utilizzare per lavori pubblici.
L’aspetto rivoluzionario del progetto approvato
dalla Consulta era quello di concepire la Sicilia
quale entità politica primaria, dotata di competenze
proprie pur rimanendo all’interno dei confini dello
Stato unitario. Lo Statuto, promulgato con il decreto
legislativo luogotenenziale del 15 maggio 1946, fu poi
esteso anche alla Sardegna.
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La riforma
agraria in Sicilia
Le
leggi di riforma agraria portarono in Italia
all’esproprio di quasi 700.000 ha. La Sicilia emanò
una sua propria legge (detta “legge Milazzo” per
il nome del proponente, un prestigioso deputato
democristiano), con la quale si decise l’esproprio
delle proprietà eccedenti i duecento ettari e la
distribuzione in quote ai contadini. Nella sostanza la
legge regionale rispose agli stessi criteri della
legge nazionale: colpire soltanto le proprietà
improduttive e mal coltivate e consentire di
utilizzare gli indennizzi ricevuti con l’esproprio
per investimenti in opere di ammodernamento delle
aziende. In base all’applicazione della “legge
Milazzo”, al 31 dicembre del 1962 in Sicilia erano
stati espropriati e assegnati circa 93.000 ha; inoltre
erano state costruite strade di bonifica per 191 km,
acquedotti per 63 km, elettrodotti per 55 km, 19
borgate rurali e 9 edifici per servizi civili.
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Donato
Menichella
Figlio
di piccoli agricoltori foggiani, Donato Menichella (Biccari
1896-Roma 1984), fu un profondo conoscitore del
sistema finanziario e industriale italiano del primo
dopoguerra, nel quale operò, tra il 1921 e il 1932,
anche come liquidatore di banche e imprese
strategiche. Nel 1933 Alberto Beneduce lo chiamò alla
direzione generale dell’ Iri, carica che mantenne
fino al 1943, avendo contribuito, nel 1936, in modo
decisivo al riordino del sistema bancario italiano.
Dopo la II guerra mondiale diventò direttore della
Banca d’Italia sotto il governatorato di Luigi
Einaudi, e nell’agosto 1948, gli subentrò, per
volontà dello stesso Einaudi, diventato ministro del
Bilancio. Fu governatore della Banca d’Italia fino
al 1960.
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Svimez
La Svimez (Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno) fu
istituita nel novembre 1946, come associazione
semiprivata, sotto la presidenza di Rodolfo Morandi.
Intorno alla Svimez si raccolsero non solo i
meridionalisti legati all’ Iri delle origini e
artefici delle grandi riforme degli anni Trenta, ma
anche i rappresentanti di gran parte delle istituzioni
finanziarie e industriali italiane, nazionali e
locali, pubbliche e private: la banca d’Italia, le
banche di interesse nazionale, le banche meridionali,
la Confindustria, la Federconsorzi, le holding e le imprese del gruppo Iri, i gruppi privati o semiprivati Sme, Coloniel,
Fiat, Breda, Pirelli, Innocenti, Olivetti,
Montecatini, nonché Camere di commercio, consorzi di
bonifica, banche e imprese locali.
Le origini dell’associazione furono legate,
come ha ricordato Pasquale Saraceno, che ne fu tra i
protagonisti, “alle appassionate e interminabili
discussioni, cui parteciparono eminenti personalità
del mondo politico, bancario e industriale, se si
potesse mettere capo a un superamento del divario non
affidato esclusivamente a fenomeni migratori”.
C’erano infatti molte buone ragioni, sostenute dalla
convinzione che una parte consistente delle risorse
americane destinate all’Italia sarebbero andate a
sostegno delle aree depresse, per credere che lo
sviluppo del Mezzogiorno nella fase della
ricostruzione avrebbe costituito un’ottima occasione
per l’espansione di tutte le principali attività
imprenditoriali nazionali.
In seno alla Svimez e all’Iri furono elaborati i due
documenti più importanti ai fini della politica
italiana per la ricostruzione e lo sviluppo economico
del dopoguerra: L’economia italiana italiana di
fronte al piano Marshall, di Pasquale Saraceno e Financing
of the Economic Development of Southern Italy, redatto da Francesco Giordani. Questo secondo documento,
presentato nell’autunno 1949 alla Banca mondiale, fu
alla base delle decisioni dell’organismo
internazionale e del governo italiano a favore di un
piano straordinario di investimenti pubblici e privati
nel Mezzogiorno. Nel 1950 lo stesso Francesco
Giordani subentrò a Morandi alla presidenza della
Svimez, mantenendo la carica fino al 1959.
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Iri
L’
Istituto di ricostruzione industriale (Iri) fu
costituito il 23 gennaio 1933, con Alberto Beneduce,
come presidente e Donato Menichella come direttore
generale. Era diviso in due settori, la sezione
finanziamenti e la sezione smobilizzi. Alla prima fu
affidato il compito di fornire prestiti a scadenza
ventennale alle industrie con denaro ottenuto
attraverso l’immissione sul mercato di obbligazioni
garantite dallo Stato. La sezione smobilizzi sorse
incorporando le attività dell’Istituto di
liquidazioni, che in passato si era occupato dei
salvataggi di banche e industrie per conto dello
Stato; andò poi via via acquisendo importanti
partecipazioni azionarie di industrie impegnate nei più
vari settori, dal telefonico al marittimo, dall’
edile al finanziario, dal meccanico al siderurgico.
Inizialmente l’ Iri avrebbe dovuto essere un ente di
liquidazione provvisorio, ma nel 1937 fu trasformato
in permanente. Nel dopoguerra venne organizzato in
settori di attività, (Finmeccanica, Finelettrica,
Fincantieri), secondo il modello della Finsider già
esistente dal 1933, e promosse altre iniziative
economiche nel campo delle costruzioni stradali e del
trasporto aereo. Negli anni Sessanta e Settanta l’Iri
sostenne la maggior parte degli investimenti nella
siderurgia e nella cantieristica, subendo i
contraccolpi della crisi internazionale di quei
settori.
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Francesco
Giordani
Chimico
napoletano, fu dal 1937 vicepresidente e, dal 1939 al
1943, presidente dell’Iri. Tra il 1947 e il 1950
rappresentò l’Italia, insieme a Costantino
Bresciani Turroni, presso la Banca
mondiale per la ricostruzione e lo sviluppo.
Fu successivamente presidente della Svimez dal 1950 al
1959, subentrando a Rodolfo Morandi. In seno alla
Svimez Giordani continuò l’opera a sostegno del
Mezzogiorno in sede internazionale, già iniziata nel
1947 presso la Banca mondiale.
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Governi
De Gasperi
Organizzatore
della Democrazia Cristiana clandestina e segretario
del partito dal 1944 al 1946, Alcide De Gasperi (1881
–1954) fu l’uomo politico che guidò l’Italia
negli anni della ricostruzione. Dal 1945 al 1953
fu presidente del Consiglio di otto governi di
coalizione. Fino al 1947 accettò l’unità
d’azione con il partito comunista, convinto della
necessità contingente e limitata nel tempo di questa
alleanza. Dopo la vittoria democristiana del 1948
favorì l’inserimento nell’area di governo dei
partiti di centro, rafforzando lo schieramento
anticomunista e ampliando la base parlamentare della
sua maggioranza. Pilotò il paese nell’area
occidentale, rafforzando i legami con gli Stati Uniti
e promovendo il processo di unità europea.
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Luigi
Einaudi
Economista
di fama internazionale, sostenitore delle teorie
liberali, Luigi Einaudi
(1874 – 1961) fu nominato governatore della
Banca d’Italia nel 1945. Nel 1947 divenne ministro
del Bilancio, introducendo una rigida politica
deflazionista, con cui riuscì a stabilizzare il
valore della lira. Nel 1948 fu eletto presidente della
repubblica italiana.
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Governo
Milazzo
Il
23 ottobre 1958 Silvio Milazzo, esponente della
corrente democristiana di Mario Scelba, fu eletto, con
soli cinque voti di maggioranza sul candidato
ufficiale della Dc, presidente della giunta regionale
della Sicilia. A sostenerlo un’inedita coalizione,
composta da dissidenti Dc, Pci, Psi, Psdi e monarchici
popolari.
Espulso dal suo partito, Milazzo formò una giunta
composta da dissidenti democristiani, monarchici,
missini e indipendenti di sinistra, con l’appoggio
esterno delle sinistre. La nascita di quel governo
regionale così anomalo costituiva un esplicito
tentativo di mettere in difficoltà Amintore Fanfani,
all’epoca segretario nazionale della Dc e presidente
del Consiglio.
Nelle elezioni regionali del 1959 Milazzo si presentò
con una sua lista, l’Unione siciliana cristiano
sociale, che riportò il 10,6% dei voti.
L’esperienza di governo si chiuse definitivamente il
16 gennaio 1960: la giunta Milazzo fu sostituita da
una maggioranza composto da Dc, Pli, Msi e monarchici.
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Miracolo
economico
Il
23 maggio 1959 il quotidiano londinese “Daily
Mail” pubblicò un articolo nel quale si affermava
che “il livello di efficienza e di prosperità del
potenziale produttivo dell’Italia” costituiva
“uno dei miracoli economici del continente
europeo”. Gli anni 1958-1963 furono di fatto
investiti da una grande trasformazione sociale ed
economica. Tra il censimento del 1951 e quello del
1961 gli addetti all’agricoltura scesero dal 42,2%
al 29,1%. Contemporaneamente gli addetti
all’industria passarono dal 32,1% al 40,6% e gli
addetti ai servizi dal 25,7% al 30,3%. Più
sorprendente ancora fu la crescita del 5,8% annuo del
reddito nazionale.
Il miracolo economico italiano, sanzionato anche da
una straordinaria solidità della lira, che nel 1960
vinse l’oscar delle monete europee, fu
caratterizzato da un incremento senza precedenti delle
esportazioni di beni di consumo durevoli e
dall’esplosione dei consumi privati interni. Il boom
si concentrò soprattutto nelle regioni
settentrionali, dove erano concentrati i capitali e le
imprese. Il cosiddetto triangolo industriale compreso
tra Torino, Milano e Genova divenne polo di attrazione
per l’emigrazione interna, prevalentemente
meridionale, mentre la disoccupazione scese ai livelli
più bassi di tutta la storia dell’Italia unita.
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Fuga
dalle campagne
Negli
anni Cinquanta Sessanta, in tutto il Mezzogiorno la
fuga dalle campagne fu massiccia, riguardando
soprattutto le zone interne, ma senza risparmiare le
aree di agricoltura ricca irrigua. Gran parte
dell’emigrazione si diresse nei distretti
industriali e minerari dell’Europa nord- occidentale
e nelle aree più industrializzate dell’ Italia
settentrionale.
Tra il 1951 e il 1961 emigrarono dal Sud 2 milioni di
individui e altrettanti se ne aggiunsero nel decennio
successivo: tra il 50 e il 70 il Mezzogiorno perdette
per saldo migratorio quattro milioni di persone.
Parallelamente città come Torino o Milano videro
aumentare la loro popolazione rispettivamente del
42,6% e del 24%. La Sicilia contribuì nello stesso
periodo all’emigrazione con circa un milione di
persone su una popolazione nel 1961 di 4.680.715
abitanti e nel 1971 di 4.906.878 abitanti.
Una quota minore dei flussi migratori dalla campagna
interessò le aree urbane del Mezzogiorno,
rappresentate in Sicilia da grandi città come
Palermo, Catania e Messina. In generale la popolazione
urbana delle regioni meridionali ebbe tra il 1950 e il
1971 una crescita notevolissima, raggiungendo la
stessa percentuale sulla popolazione totale delle
regioni settentrionali e centrali.
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Sovrappopolazione
agricola
Alla
fine della guerra, la popolazione italiana attiva in
agricoltura era ancora numerosissima: con il 42,2% sul
totale della popolazione attiva era la più alta
d’Europa, a fronte di una bassa produttività
proprio nei territori ad agricoltura estensiva. Nelle
regioni meridionali e in Sicilia la percentuale di
occupati in agricoltura sul totale della popolazione
attiva superava il 50%. Questo sovradimensionamento
del settore agricolo rispetto ad altre attività
evidenziava, nonostante l’Italia fosse già un paese
industriale e vi avessero grandissima importanza le
città anche nelle regioni meridionali, la complessiva
immaturità del sistema economico-industriale
nazionale; evidenziava inoltre un vistoso fenomeno di
sovrappopolazione connesso a un bassissimo tenore di
vita nelle campagne. L’Italia a differenza di altri
paesi industriali aveva in generale mantenuto una
dinamica di bassi consumi e le popolazioni delle sue
campagne erano ovunque poverissime.
Nel giro di un ventennio si verificarono in
Italia un drastico calo della popolazione agricola e
un fortissimo incremento del reddito; inoltre con lo
spostamento massiccio di popolazione dalla campagna
alle città assunse una grandissima consistenza il
settore terziario, comprendente le attività
commerciali e i servizi.
Tra il censimento del 1951 e quello del 1961
gli addetti all’agricoltura passarono dal 42,2% al
29,1%, mentre il reddito aumentò di oltre il 70%.
Parallelamente gli addetti all’industria passarono
dal 32,1% al 40,6%; gli addetti ai servizi dal 25,7%
al 30,3%. Nel 1971 gli addetti all’agricoltura erano
diventati il 17,2%, gli addetti all’industria il
44,4% e gli addetti ai servizi il 38,4%.
In Sicilia gli addetti all’agricoltura
passarono dal 51% del 1951 al 41,3% del 1961, gli
addetti all’industria estrattiva e manifatturiera
dal 13,7% al 14, 7%, gli addetti all’edilizia
dall’8,8% al 15,1%. Nel 1971 gli addetti
all’agricoltura scesero al 28,7%, gli addetti
all’industria estrattiva e manifatturiera crebbero
del 9%, il terziario toccò il 28,8% e gli occupati
nella pubblica amministrazione l’8,3%.
Opere
infrastrutturali
Nel
primo decennio di attività la Cassa per il
Mezzogiorno ebbe il grande merito di esprimere una
concezione organica del territorio realizzando opere
riguardanti tutti i settori produttivi producendo
visibili effetti di modernizzazione. Il 50% degli
stanziamenti furono destinato all’agricoltura, il
28% alle grandi opere di pubblico interesse e il 20%
ad industria, artigianato e turismo. Con questa
impostazione “l’intervento straordinario” dotò
il territorio delle regioni meridionali e la Sicilia
di una moderna rete di infrastrutture: strade,
acquedotti, reti irrigue e fognarie, linee elettriche,
linee ferroviarie elettrificate, traghetti per le
isole. La produzione di energia elettrica e
l’irrigazione delle campagne vennero grandemente
potenziate con la costruzione di alcuni grandi invasi
già progettati in passato ma mai edificati per il
loro altissimo costo. In Sicilia i principali impianti
elettro-irrigui realizzati furono quelli del Belice e
della Piana di Catania: grazie ad essi e ad altri
minori costruiti dall’Ente siciliano di elettricità,
la Sicilia sviluppò l’irrigazione su oltre 100.000
ha (in Italia furono irrigati ex novo 700.000 ha).
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Eni
L’Eni
(Ente nazionale idrocarburi) fu istituito il 10
febbraio 1953, per procedere a una complessiva
ristrutturazione del settore delle fonti di energia.
Grande ente pubblico come l’Iri, se ne differenziava
in quanto era concepito non solo come ente di gestione
delle partecipazioni delle società controllate, ma
perché gli veniva affidato anche il compito di
promuovere i programmi e realizzare il coordinamento
per raggiungere gli obiettivi fissati. Dalla sua
costituzione al 1962 l’Eni fu presieduto da Enrico
Mattei, che ne potenziò e diversificò le attività,
trasformandolo in uno dei più importanti centri di
potere operanti in Italia.
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Cattedrali
nel deserto
Questa
termine fu spesso usato nel linguaggio giornalistico a
proposito dell’industrializzazione del sud, bandiera
dell’intervento pubblico negli anni Sessanta.
Si intendeva in questo modo mettere l’accento
su come il tessuto economico e sociale del Mezzogiorno
ben poco fosse rigenerato da grandi insediamenti
industriali destinati a restare poco più che
esperienze isolate in territori che complessivamente
continuavano essere caratterizzati dall’arretratezza
e dalla mancanza di opportunità di lavoro.
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Stato
sociale
Il
termine “stato sociale” o welfare state
indica l’insieme di provvedimenti legislativi e di
istituzioni pubbliche adottati nel corso del Novecento
in vari paesi per
garantire ai cittadini la possibilità di soddisfare
necessità primarie quali l’occupazione, la sanità,
la casa, l’istruzione di base, la previdenza. Negli
Usa il Welfare si sviluppò negli anni Trenta, per far
fronte alla grande crisi economica del 1929. In
Italia, come nella maggior parte dei paesi
industrializzati l’intervento sociale dello Stato si
diffuse soprattutto negli anni Sessanta e Settanta.
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Autunno
caldo
L’autunno
del 1969, passato alla storia come “autunno
caldo”, segnò in Italia uno dei punti più alti
degli anni della contestazione. Fu caratterizzato
soprattutto dalle lotte operaie per il rinnovo di
importanti contratti nazionali di lavoro, primo fra
tutti quello dei metalmeccanici, e da grandi scioperi
generali, guidati dai sindacati, a cui aderirono
milioni di lavoratori. In questo clima si inaugurò anche la “strategia della tensione”, con
l’attentato di piazza Fontana, a Milano (12 dicembre
1969), che provocò 17 vittime.
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I
fatti di Avola
Alla
fine degli anni Sessanta le lotte sociali
interessarono anche le campagne del Sud, in alcuni
casi con risvolti drammatici. Il 2 dicembre1968 ad
Avola, in provincia di Siracusa, la polizia aprì il
fuoco sui
braccianti agricoli in lotta da dieci giorni per la
ottenere la stessa retribuzione in tutta la provincia
e per il riconoscimento delle loro rappresentanze
nelle aziende. Due braccianti vennero uccisi e molti
restarono feriti. Seguirono lo sciopero generale in
Sicilia e scioperi e proteste in tutta Italia, con
duri scontri con le forze dell’ordine.
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Ministero
delle Partecipazioni statali
Il
Ministero delle Partecipazioni statali fu istituito
nel 1956. Ad esso furono devoluti tutti compiti e le
attribuzioni prima spettanti, nel campo dell’attività
diretta dello Stato nell’attività economica,
tramite il possesso di partecipazioni azionari in
società private, ad altri ministeri e organi
governativi. Oggetto di pesanti critiche di
disfunzionalità negli anni Settanta e Ottanta, il
ministero fu soppresso dal referendum popolare del 15
aprile 1993.
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La
mafia (lezione
di Salvatore Lupo)
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Le
stragi di Capaci e di via d’Amelio
Il
23 maggio 1992 a Capaci, sull'autostrada Punta
Raisi-Palermo imbottita di esplosivo, Cosa Nostra
regolò definitivamente i conti col magistrato che più
aveva contribuito ad infliggerle gravi colpi: persero
la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo
e gli agenti della scorta Antonio Montinaro, Rocco Di
Cillo e Vito Schifani. Fu un'azione terroristica che
tuttavia segnalava un grave momento di debolezza di
Cosa Nostra: se ancora i capi erano latitanti, il
cerchio protettivo che aveva garantito per decenni la
loro impunità stava per spezzarsi. Il 17 febbraio
1992, con l'arresto di un oscuro burocrate milanese,
il socialista Mario Chiesa, era cominciata
"Tangentopoli"; alle elezioni politiche del
5 aprile i partiti governativi avevano avuto un
clamoroso tracollo, e la Lega lombarda era diventata
il primo partito del Nord, il presidente della
repubblica Francesco Cossiga si era dimesso e
l'elezione del nuovo presidente divideva i partiti, il
quadro politico era in movimento, nessuno poteva più
garantire vecchie alleanze e protezioni.
Enorme fu l'impatto emotivo: fu proclamata una
giornata di lutto e lo sciopero generale; in Sicilia,
ai funerali decine di migliaia di cittadini
manifestarono la loro indignazione contro la mafia e i
politici, accusati di corruzione e complicità. Il
funzionario che nella sua vita recente aveva
conosciuto grandi amarezze e ostilità, e ciò
nonostante aveva continuato a svolgere il suo dovere,
venne improvvisamente esaltato anche da chi l'aveva
fino ad allora ostacolato o calunniato.
Pochi mesi dopo il 19 luglio 1992 andò in onda la
cronaca di un’altra morte annunciata:. il giudice
Paolo Borsellino, dal dicembre 1991 tornato a Palermo
come procuratore aggiunto, predestinato dall'opinione
pubblica ma anche da incaute affermazioni di uomini di
governo che lo indicavano come l'erede di Falcone,
venne ucciso davanti all'abitazione della madre in via
d'Amelio a Palermo da un'autobomba, con i cinque
agenti della scorta, Agostino Catalano, Vincenzo Li
Muli, Walter Cusina, Claudio Traina ed Emanuela Loi.
Seguì la scena tragica dei funerali degli agenti di
scorta (la famiglia Borsellino rifiutò i funerali di
Stato), dai quali incredibilmente si tentò di tenere
lontani proprio i palermitani, per paura del ripetersi
di quelle contestazioni alle autorità che si erano
manifestate ai funerali di Falcone. Sembrava che Cosa
Nostra avesse vinto: è tutto finito, aveva commentato
piangendo in un momento di scoramento (subito dopo
superato) l'anziano giudice Antonino Caponnetto, padre
putativo di Falcone e Borsellino. Ma, in un
soprassalto di attivismo, seguì
l'operazione "Vespri siciliani" (lo
sbarco in Sicilia dei soldati inviati a presidiare
militarmente un territorio occupato dalla mafia),
l'approvazione del programma di protezione dei
collaboranti di giustizia, l'invio dei boss detenuti
nelle carceri di massima sicurezza e la definizione di
un regime carcerario particolare (art. 41 bis
ordinamento penitenziario), la rimozione dei
funzionari inetti (a dirigere la procura di Palermo fu
mandato il magistrato torinese Giancarlo Caselli,
mentre Gianni De Gennaro, già collaboratore di
Falcone, andò a dirigere la Direzione Investigativa
Antimafia), la cattura dei primi latitanti, a
dimostrazione che, se esiste una volontà politica, si
conseguono anche successi nell'attività
investigativa.
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Carlo
Azeglio Ciampi
Carlo
Azeglio Ciampi, attuale presidente della repubblica,
è stato segretario generale (1973), vice direttore
generale (1976), direttore generale (1978), e infine
(1979-1993) Governatore della Banca d'Italia.
Dall'aprile 1993 al maggio 1994 è stato Presidente
del Consiglio.
Durante la XIII legislatura ha guidato il dicastero
del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione
Economica nei governi Prodi (dall'aprile 1996
all'ottobre 1998) e D'Alema (dall'ottobre 1998 al
maggio1999).
Come Ministro del Tesoro e del Bilancio Ciampi ha dato
un contributo determinante al raggiungimento dei
parametri previsti dal Trattato di Maastricht,
permettendo così la partecipazione dell'Italia
alla moneta unica europea, sin dalla sua creazione:
tra i provvedimenti più significativi la
manovra correttiva della politica di bilancio, varata
nel settembre del 1996, che ha consentito un
abbattimento di oltre 4 punti percentuali
del rapporto di indebitamento netto delle
pubbliche amministrazioni rispetto al prodotto interno
lordo, il parametro di Maastricht,
di più arduo conseguimento per il
nostro paese.
Il 13 maggio del 1999 Ciampi è stato eletto dal
Parlamento, in prima votazione, decimo Presidente
della Repubblica Italiana.
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Sussidiarietà
La
sussidiarietà, nella sua accezione più corretta,
quella cosiddetta "orizzontale", è la
capacità di riconoscere e di valorizzare le
iniziative autonome dei cittadini e delle loro
formazioni sociali nella realizzazione dei servizi di
pubblica utilità.
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Il
patrimonio storico siciliano come risorsa per il
futuro
(lezione
di Franco Benigno)
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