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Gli aiuti americani

            Con la fine della seconda guerra mondiale le regioni meridionali italiane, e la Sicilia in primo luogo, riconquistarono le condizioni basilari per una ripresa dell’economia: la libertà degli scambi e la pace.

            Tra la prima e la seconda guerra mondiale il mondo era diventato più piccolo. Le guerre avevano cambiato la geografia del commercio internazionale e indotto le nazioni a potenziare soprattutto l’industria bellica e rifornire il mercato interno; la crisi degli anni Trenta, caratterizzata dal fallimento di banche e industrie e dalla disoccupazione di massa, aveva ulteriormente rafforzato le politiche autarchiche, caratterizzate dalla ricerca della massima autosufficienza possibile da parte dei singoli paesi e quindi dalla limitazione delle importazioni. Ne avevano particolarmente risentito le cospicue esportazioni dalle regioni prevalentemente agricole del Mezzogiorno italiano e soprattutto le produzioni agrumicole delle ricche aree costiere. Un danno altrettanto consistente era venuto dal blocco dell’emigrazione deciso dagli Usa nel 1924. Non solo la popolazione era divenuta eccessiva rispetto alle risorse e alle possibilità di lavoro, ma si erano ridotte le cospicue rimesse in dollari che gli emigrati mandavano alle famiglie di origine; le condizioni di vita nelle campagne meridionali e in Sicilia erano notevolmente peggiorate.

Nel dopoguerra uomini, merci e capitali poterono ricominciare a circolare liberamente. Il nuovo ordine economico e politico fu tuttavia diversissimo da quello abbandonato col primo grande conflitto. La funzione guida in Occidente, precedentemente svolta dall’Inghilterra, apparteneva ora al più ricco paese capitalistico del mondo, gli Stati Uniti d’America che, dopo il “grande crollo” degli anni Trenta, temeva le crisi cicliche del sistema capitalistico tanto quanto il comunismo. Secondo gli americani entrambi i fenomeni andavano contrastati, nel primo caso attraverso politiche di intervento pubblico che correggessero i fallimenti del mercato, e in particolare l’eccedenza della produzione rispetto alla domanda, il crollo dei prezzi e la perdita di capacità di acquisto da parte dei consumatori; nel secondo caso usando come antidoto l’uscita dalla povertà e la diffusione del benessere.

            Promotori nel 1944 a Bretton Woods della creazione del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale per la ricostruzione e lo sviluppo, gli Usa furono protagonisti della ricostruzione postbellica dei paesi europei con una imponente erogazione di aiuti gratuiti e di prestiti in dollari. Il piano Marshall inondò dal 1948 al 1952 le economie del vecchio continente di beni materiali, dollari e tecnologie statunitensi, svolgendo una funzione decisiva nel rafforzamento dei sistemi produttivi dell’Europa occidentale e nella riattivazione degli scambi tra paesi europei e tra Europa ed altri continenti.

            Nell’erogare i loro aiuti all’Italia gli Usa raccomandarono costantemente al nostro governo di rivolgere una particolare attenzione alle regioni meridionali e alla Sicilia. Determinante fu l’impressione che della realtà del Mezzogiorno e, attraverso di essa, dell’Italia, si erano fatti gli americani durante la lenta risalita lungo la penisola. Più che come luogo del compromesso politico istituzionale e del freno esercitato sulla spinta rinnovatrice della Resistenza, il Mezzogiorno era apparso come un territorio a elevata conflittualità sociale. Nel 1943 - 44 si erano ampiamente diffuse le lotte dei coloni parziari finalizzate a ottenere una maggiore quantità di quote, e le lotte di contadini e braccianti per ottenere l’assegnazione delle terre incolte o mal coltivate a cooperative da essi costituite.

            Nel 1945-46 era esplosa in Sicilia l’insurrezione separatista, con l’obiettivo di rendere l’Isola indipendente dall’Italia. Anche se l’insurrezione armata, egemonizzata dagli agrari siciliani più ostili al cambiamento, non mobilitò che un numero limitato di uomini, l’idea separatista ebbe un notevole ascendente sulla popolazione siciliana anche di orientamenti progressisti. Il fenomeno si concluse con la sconfitta dell’ala militare e la concessione alla Sicilia di una notevole autonomia. La regione ebbe nel 1947 uno Statuto speciale che prevedeva un parlamento e un governo regionale, quindi autonomia legislativa e di governo nell’ambito del sistema politico nazionale; prevedeva inoltre autonomia tributaria e di spesa.

            Successivamente, tra il 1948 e il 1950 in tutte regioni italiane e particolarmente in quelle meridionali e in Sicilia, sotto la guida dei partiti di sinistra, dilagarono le occupazioni di terre da parte di braccianti e contadini che chiedevano l’attuazione della riforma agraria, cioè l’eliminazione della grandissima proprietà assenteista e l’assegnazione delle terre a contadini che le coltivassero direttamente. La repressione di quelle lotte da parte delle forze dell’ordine provocò la morte  di decine di manifestanti.

            Gli orientamenti americani favorevoli allo sviluppo economico della Sicilia e delle regioni meridionali non furono però dettati unicamente dalla preoccupazione di contenere il disordine sociale; un ruolo non secondario fu anche determinato dal fatto  che negli Usa risiedesse una comunità italoamericana di circa  cinque milioni di persone, prevalentemente di origine meridionale, con notevole capacità di pressione elettorale, e che non pochi di essi, appartenenti alla classe dirigente, si trovassero a lavorare, insieme ad altri italiani esuli in America per ragioni razziali, nella burocrazia federale, nelle ambasciate, negli uffici preposti alle politiche di aiuti all’Europa

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  Sommario
   
  Gli aiuti Americani
  Le politiche meridionaliste e la Cassa per il Mezzogiorno
  La strategia della straordinarietà
  Il miracolo economico
  Sviluppo agricolo e infrastrutture
  L’industria chimica e petrolchimica
  Le imprese a partecipazione statale e le attività di salvataggio
  La cattiva politica e la cattiva economia
  Le nuove frontiere dell’Europa 
   
   
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