Ragusa
e la sua Provincia: un Mezzogiorno “dinamico”
Nel settembre del 1999 un’inchiesta giornalistica del «Sole-24
ore», sulla base dei più recenti dati forniti dall’Istat,
ha rilanciato a livello nazionale l’immagine
“dinamica” della provincia di Ragusa, una vera e
propria «isola felice» contrapposta al perdurante
ristagno economico della Sicilia e di gran parte del
Mezzogiorno. I caratteri originali di questo modello di
sviluppo dell’area
iblea, da molti osservatori definito il nuovo «sud-est»
dell’Italia (per analogia con la contemporanea crescita
del nord-est)
sarebbero costituiti da un settore agricolo avanzato e
finalizzato all’esportazione, da un tessuto di piccole e
medie imprese competitive ed in grado di integrarsi in un
sistema agro-industriale, da un contesto di relazioni
socio-culturali positive che trovano le loro radici in un
rapporto storicamente equilibrato tra città e campagna.
Al
di là dei facili ottimismi e di alcune evidenti forzature
giornalistiche, Ragusa e il suo territorio da tempo hanno
ormai accreditato la convinzione di rappresentare un
Mezzogiorno «diverso» per quantità e qualità dei
processi produttivi e delle trasformazioni sociali, a
cominciare dal tasso annuo di crescita economica, che nel
quinquennio 1991-1995 ha registrato un incremento
dell’1,3 per cento, pari al dato medio nazionale e
nettamente superiore a quello regionale. Ragusa è anche
la provincia che produce il più alto reddito
pro capite
dell’isola: 24 milioni di lire nel 1997, rispetto ai
18,8 di Catania o ai 16,5 di Agrigento. Sulla base di
numerosi indici aggregati, essa è pure al primo posto in
Sicilia per sviluppo socioeconomico, con un parametro
equivalente ai due terzi della media nazionale. Degni di
considerazione risultano soprattutto i dati aggiornati
sulla disoccupazione (14,1 per cento nel l998, il minimo
dell’isola) e quelli relativi al numero e alla natalità
delle imprese.
Sempre
nel 1998 le ditte iscritte alla Camera di commercio erano
28.445 (di cui 10.124 attive in agricoltura), cioè 9,25
imprese per ogni centro abitanti, in prevalenza di piccole
dimensioni (2,4 addetti per unità locale) ma concentrate
attorno a cinque direttrici strategiche: ortofrutticoltura,
fiori, zootecnia e industria lattiero-casearia,
marmi-graniti e legno-arredamento, manufatti per
l’edilizia.
Non
mancano ovviamente gli elementi negativi, primo fra tutti
quello che colloca Ragusa al penultimo posto tra le 103
province italiane per dotazione di infrastrutture e vie di
comunicazione, le cui note carenze (mancanza di
collegamenti autostradali e di un aeroporto, una rete
ferroviaria antiquata, il porto di Pozzallo non ancora in
funzione) la penalizzano pesantemente in termini di
isolamento geografico e di maggiori costi di trasporto.
Nonostante tali handicap, la vitalità dell’area iblea
è testimoniata da molti altri indicatori
socioeconomici. Ragusa è oggi prima in Italia per
superficie immobiliare pro
capite, è terza per fatturato in agricoltura, con una
quota del 47 per cento della produzione ortofrutticola e
floricola sotto serra: casa e terra continuano a
rappresentare gli investimenti d’elezione del risparmio
locale. Ragusa è ancora prima con la sua Avis
per
numero di donatori in rapporto agli abitanti, è terza per
tasso di sindacalizzazione dei suoi lavoratori, quarta per
più bassa percentuale di truffe, sesta per minore
frequenza di fallimenti. A livello regionale i punti
d’eccellenza non si contano: oltre a vantare il più
alto reddito pro
capite e la minore disoccupazione, Ragusa dispone
dell’unica Scuola superiore dello sport, e mantiene il
primato per numero di associazioni culturali e ricreative
attive nei dodici comuni del territorio provinciale.
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