Da antico granaio a
distretto agro-alimentare moderno
Protagonista
principale di questo modello di sviluppo locale è
l’agricoltura, autentico “motore” trainante
dell’economia iblea: a fronte di una popolazione che
raggiunge appena il 6 per cento di quella regionale (300
mila rispetto agli oltre 5 milioni di abitanti), qui si è
prodotto nel 1997 il 20 per cento della produzione lorda
vendibile dell’agricoltura siciliana. La superficie
agraria utilizzabile è estesa per 130 mila ettari, dove
insistono oltre 10 mila aziende, che danno lavoro non solo
ai 17 mila addetti residenti, ma anche ad altre 13 mila
unità tra extracomunitari ed immigrati stagionali
provenienti da altre province.
Anche
se dal punto di vista orografico il territorio provinciale
è diviso in una fascia collinare-pedemontana e in una
fascia costiera, sotto il profilo agronomico si possono
distinguere chiaramente tre indirizzi produttivi: la zona
dell’altopiano di Ragusa e di Modica (comprensiva dei
comuni montani di Chiaramonte Gulfi, Monterosso e
Giarratana) a spiccata vocazione zootecnica e con colture
arboree mediterranee spesso consociate (oliveti, carrubeti,
più raramente mandorleti); la zona “trasformata” di
Vittoria-Comiso-Acate-Santa Croce Camerina, dove
predominano i comparti ortofrutticolo e floricolo in
coltura protetta, nonché quelli vitivinicolo ed
agrumario; la zona «marina» di Scicli, Pozzallo e Ispica,
caratterizzata soprattutto dagli ortaggi a pieno campo.
Nelle campagne, che fanno da splendida cornice alle città
barocche e alle ville liberty, batte il cuore pulsante
dell’economia iblea: qui “sboccia” un terzo dei
fiori italiani, qui si concentrano i due terzi della serricoltura
siciliana e oltre la metà della produzione regionale di
latte, mentre si moltiplicano i marchi di qualità per i
prodotti tipici come il vino Cerasuolo (marchio
Doc), il formaggio «ragusano», l’olio
d’oliva (Dop Montiblei), oppure l’identificazione
geografica protetta per il pomodoro di Vittoria e per
l’arancia rossa di Acate. Da antico granaio del
Mediterraneo, l’ex-contea
si è trasformata in un distretto
agroalimentare di qualità.
L’ortofloricultura
è senza dubbio il volano di questo duraturo boom
agro-industriale, poiché da sola rappresenta circa la metà
della produzione lorda vendibile e colloca Ragusa al
secondo posto nella graduatoria nazionale delle province
orticole, tallonando da vicino il primato di Foggia (nel
1997, 648 miliardi contro 677). I dati
statistici sono eloquenti, al di là di ogni
commento.
L’estensione
attuale degli ortaggi a pieno campo sfiora gli 8 mila
ettari, con una prevalente destinazione produttiva a
carote, patate e zucchine; quella degli ortaggi in
ambiente protetto supera i 5 mila ettari, coltivati a
peperoni, zucchine e melanzane, pomodoro. In particolare
quest’ultimo, con una produzione di circa due milioni di
quintali su una superficie complessiva di 2.500 ha, si
conferma ancora come uno degli ingredienti essenziali
della dieta
mediterranea, e raggiunge i più lontani mercati
internazionali non solo con la sua polpa in conserva o con
i classici pomodori a grappoli, ma anche con la nuova
primizia del “ciliegino”, piccolo e dolce gioiello
della “vendemmia rossa”. La floricoltura, invece, è
l’ultima arrivata tra le coltivazioni intensive della
fascia trasformata iblea: su appena 600 ettari si
producono oggi milioni di piante di garofani, gerbere,
rose, crisantemi, ciclamini, nonché una ricca varietà di
piante ornamentali, (begonie, buganvillea, gardenie,
kentie, ecc.).
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