La moderna industria
lattiero-casearia
La
nascita di una moderna industria lattiero-casearia ha
caratterizzato la svolta produttiva degli anni ’90
sull’altopiano ibleo: nel 1998 sette imprese, tra le più
avanzate sotto il profilo tecnologico e
dell’organizzazione aziendale, affrontano la sfida di un
mercato potenziale ampio, ma fortemente concorrenziale. Le
“Latterie Riunite” sono certamente la società
cooperativa più antica: fondata nel 1959 con soli 20
milioni di capitale, oggi conta 22 soci e un capitale
sociale di 15 miliardi, mentre la quantità di latte
lavorato è passata dagli iniziali 80 litri al giorno agli
attuali 50 mila litri; nei suoi stabilimenti si producono
tutti i tipi di latticini, con notevoli investimenti per
il lancio promozionale di nuovi prodotti (mozzarelle) e
per attività di marketing,
che nell’ultimo decennio hanno consentito di raddoppiare
da 8 a 16 miliardi di lire il fatturato. La “Gala
Ragusana” nasce nel 1991 come filiazione dell’omonima
ditta operante nella piana di Catania e, grazie ai
contratti stipulati con le grandi catene di distribuzione,
costituisce la più importante azienda casearia in termini
di fatturato. Ultima ad entrare in funzione nel 1994 è
stata la “Casearia Ragusana”, con una capacità di
penetrazione sul mercato francese: per il rifornimento
della materia prima viene servita da due cooperative di
produzione di latte, la “Ragusa Latte” e l’“Irminio”,
entrambe all’avanguardia per garanzie igieniche e
controlli di qualità, insieme al nuovo caseificio
“Raniolo di S. Filippo” (Modica).
L’integrazione
fin qui realizzata con l’industria alimentare e gli
investimenti sostenuti dagli allevatori sono però
penalizzati dalla rigida applicazione del sistema
delle quote-latte introdotto dalla Comunità
europea nel 1984. Una grande vertenza politica e
contrattuale è stata perciò sollevata nell’ultimo
quinquennio dagli allevatori ragusani e dalle
organizzazioni sindacali di categoria per la modifica
della legge, per una più equa ripartizione territoriale
delle quote-latte, così da non sacrificare le agricolture
mediterranee a vantaggio di quelle nordiche e garantire un
sistema di libera concorrenza. I risultati finora
conseguiti non sono certo soddisfacenti e lasciano aperto
un contenzioso a livello europeo che condiziona non poco
le sorti della zootecnia iblea.
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