Il
mondo nuovo
Chi
dall'inizio degli anni Novanta si fosse azzardato ad
ipotizzare il futuro prossimo della Sicilia avrebbe
ben potuto predire uno scenario apocalittico. Cosa ne
sarebbe stato dell'isola con la fine del mondo
bipolare, la caduta di un sistema politico-economico
quarantennale e la scomparsa sotto i colpi di
"mani pulite" della sua garante politica, la
Democrazia cristiana? Cosa ne sarebbe stato
dell'economia siciliana con la fine ineluttabile di un
modello di sviluppo incentrato sull'edilizia
industriale e la valorizzazione abitativa dei suoli, a
seguito dell'abrogazione dell'intervento straordinario
e mentre si facevano stringenti tanto i crescenti
vincoli alla spesa pubblica imposti dai parametri di
Maastricht quanto le difficoltà finanziarie della
Regione? Come avrebbe potuto competere un apparato
produttivo fin troppo gracile ai colpi di una
concorrenza agguerrita in un mondo globalizzato? E
come avrebbe potuto resistere senza decomporsi una
società civile debole, vessata da una classe politica
corrotta, devastata da una criminalità sempre più
aggressiva, capace di colpire tutti coloro - politici,
magistrati o poliziotti - che si frapponevano al suo
dilagare? Il probabile mancato aggancio all'Europa con
le conseguenti tensioni inflazionistiche e la
prospettiva di un paese sempre più spaccato in due,
lasciavano ipotizzare la non remota possibilità di un
naufragio politico, accompagnato da una drammatica
deriva economica e da fenomeni di grave sbandamento
sociale sui quali la criminalità organizzata aveva
del resto già iniziato esplicitamente a contare.
E
tuttavia oggi, a un decennio di distanza, possiamo ben
dire che il crollo non c'è stato e che la Sicilia non
si è rassegnata ad una sorte che pareva segnata. Non
si sono arresi anzitutto i magistrati impegnati in una
lotta a sangue con una mafia fattasi sempre più
feroce e con essi le forze dell'ordine che hanno
iniziato ad aggredire i santuari coperti, regno degli
intoccabili. La protesta è cresciuta, contro la
mafia, ma anche contro una politica inerte, incapace
di dare risposte al bisogno di vivere in un paese
finalmente civile. Ma poi, soprattutto non si è
arresa la gente, i molti tecnici ed amministratori
capaci, i professionisti
stufi dell'arroganza del potere, i commercianti
stanchi di pagare il pizzo, i cittadini senza
qualifiche desiderosi di cambiare.
L'elezione
diretta dei sindaci ha permesso a questi
strati di esprimere con una radicalità inusitata la
voglia di mutamento. Ne è derivata la primavera di
Palermo e di Catania e le cento innovative esperienze
politico-amministrative moltiplicatesi nei centri
dell'isola. Malgrado la resistenza di un ceto politico
regionale arroccato in difesa della propria continuità
attorno ai baluardi istituzionali forniti dallo Statuto,
la politica ha mostrato segni di cambiamento inattesi,
per quanto incompiuti.
Anche
sul piano economico, tuttavia, a fianco del fallimento
del sistema storico delle partecipazioni statali (Sofis-Espi-Gepi),
del crollo del Banco di Sicilia e della Cassa di
Risparmio - travolti da una politica dissennata di
credito facile all'imprenditorialità politica e
talora a quella criminale - non si è registrata la
slavina più volte profetizzata. Certo, i livelli di
reddito dell'Isola restano tra i più bassi del
Meridione, staccati da quelli della parte più evoluta
del paese, ma non mancano i segnali, anche qui, di una
capacità di reazione, timida e frammentata ma pure
esistente, espressasi nel fiorire di una nuova cultura
dello sviluppo locale e autopropulsivo, nella
concertazione territoriale e in una capacità, in
qualche caso significativa, di attrazione di
investimenti.
Se,
pur tra poche luci e molte ombre, la Sicilia - nel
quadro della tenuta generale del paese, dell'avvenuto
risanamento dei conti pubblici e dell'aggancio
all'Europa - non è, nell'ultimo decennio,
definitivamente caduta (e certo senza garanzie per il
futuro) nella regressione politica, nella resa
economica e nella disgregazione sociale, ciò dipende
però soprattutto dalle mutate condizioni in cui si
coniuga oggi lo sviluppo, dalle nuove opportunità e
dagli inediti vincoli che esso comporta.
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