La
costa e le logiche predatorie
Diverso è il caso della costa dove più gravi e
macroscopiche appaiono le carenze culturali, il
dissennato saccheggio del bene pubblico,
l'indifferenza per ogni serio progetto di sviluppo
equilibrato e sostenibile. E' prevalsa a lungo, senza
essere mai definitivamente sconfitta, una logica
predatoria, fatta di manipolazione degli equilibri
territoriali, di appropriazione indebita del bene
collettivo, di espropriazione di ogni capacità di
controllo dei processi di edificazione. I casi di
relativa salvaguardia di singoli ambienti
storico-naturali (come nel caso dello Stagnone di
Marsala e di Mozia) sono ricordati appunto perché
rari, isolati in un mare di devastazioni.
Non
si pensi solo ai casi più eclatanti, quello della
stupenda baia di Augusta stravolta dal polo
petrolchimico o quello della pianura di
Bagheria soffocata dal cemento, ma alle decine di
migliaia di costruzioni abusive sorte in aperta
violazione della legge
Galasso, conclamate infrazioni alimentate da
uno spirito di impunità mai definitivamente messo in
mora. La Sicilia ha perso così, tra l'incuria dei
suoi amministratori, l'arretratezza culturale della
sua intellighenzia e il cinismo baro della sua classe
politica, gran parte del suo panorama costiero, per lo
più privatizzato, offuscato, parcellizzato,
lottizzato, distrutto. E oggi vive il dramma di un
patrimonio edilizio privato drammaticamente
sottoutilizzato, fatto di seconde case allineate sul
bagnasciuga, semplicemente inidonee ad alimentare lo
sviluppo e per le quali una riutilizzazione produttiva
appare problematica, almeno in assenza di una
legislazione premiale efficiente.
Ne
sono rimasti travolti i segni di una civiltà costiera
antica, di un rapporto tra terra e mare fatto di
intrecci minuti, di un andirivieni fitto di uomini e
merci, di barche tirate a secco, di torri d'avviso, di
tonnare oggi per lo più abbandonate, di saline
ridotte spesso ad acquitrini. Ciascuno di questi
edifici, simbolo di saperi antichi, di mestieri e di
stratificate sovrapposizioni culturali, potrebbe
essere il perno di un progetto di ripensamento del
paesaggio costiero, che punti al recupero della sua
spessa dimensione storica.
Il museo didattico, storico-antropologico, potrebbe
essere lo strumento di questa opera di
riqualificazione: un luogo dove si spieghi la civiltà
contadina e quella marinara, il mondo dell'allevamento
e quello dell'artigianato, il mutamento e le
persistenze. Musei sparsi sul territorio, aderenti
alle sue pieghe, allocati nelle emergenze
paesaggistiche più sensibili, capaci di utilizzare il
multimediale come nuova frontiera della ri-creazione.
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