Un
libro da sfogliare: il paesaggio
Il
paesaggio siciliano, si sa, è fortemente umanizzato.
Ovunque si colgono i segni di trasformazioni antiche e
nuove: si pensi alla forza disperante dell'estensione
del seminativo arido, spinto ad arrotondare le colline
così come alla cura meticolosa della costruzione del
"giardino", con i classici muretti a secco.
Le distese a grano e le macchie di mandorli, i filari
di viti e gli agrumi, i fichi d'india e le distese di
ulivi non sono solo attività economiche importanti,
ma soprattutto segni di un incessante lavorìo umano,
di una relazione complessa tra storia e natura.
Guardate da un punto di vista strettamente economico
alcune di queste produzioni appaiono in perdita,
devastate dalla differente dinamica dei costi dei
competitori mediterranei e africani. E tuttavia è uno
sguardo incompleto, incapace di cogliere l'interezza
del problema, che oltre a essere economico è
ecologico, sociale e perfino identitario.
Il caso degli agrumi è in questo senso esemplare. La ridotta
taglia aziendale media non consente in molti casi le
necessarie economie
di scala e il prodotto resta invenduto. Pure,
gli agrumi sono molto più di una merce in Sicilia,
sono un tratto di un paesaggio secolare. Se la Conca
d'oro non esiste più, sconvolta dalla
speculazione edilizia quel paesaggio ha ancora molto
da dire e ancor più da dare.
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