Differenze
nello spazio e nel tempo
Fu la Sicilia centro occidentale, il Val
di Mazzara prevalentemente rurale e cerealicolo,
a registrare in età moderna, il più importante aumento
di popolazione. Viceversa la Sicilia della seta (il Valdemone)
e dell'allevamento (il Val
di Noto), del commercio marittimo, delle città,
nonché delle zone montane che avevano fornito rifugio
alle incursioni dei pirati subirono stagnazioni o
regredirono.
Effetto della colonizzazione baronale delle grandi
estensioni dei feudi dell'interno fu la nascita di
grossi borghi; vi si diresse parte della popolazione
delle aree demaniali (non feudali), attratta da
concessioni e incentivi promessi dai baroni e che
avrebbe costituito la manodopera di braccianti e piccoli
subaffittuari necessaria a coltivare i latifondi. Da una
parte i grandi proprietari aristocratici, attratti dagli
ottimi prezzi di esportazione del grano, diedero impulso
alla produzione cerealicola
mettendo a coltura in modo estensivo aree fino ad
allora inutilizzate, sulle quali cercarono di attrarre
molti lavoratori. Dall’altra proprio in quelle aree la
popolazione in crescita assorbì, col suo consumo, nel
Seicento, in concomitanza con la riduzione dei consumi in Europa, quello
stesso grano che il mercato estero non richiedeva più.
Ciò consentì tra l'altro ai baroni di non mettere in
crisi la loro principale fonte di reddito.
Fu così che le zone delle colture specializzate
e dei commerci, le grandi città marittime e le
cittadine dalle antiche e forti autonomie,
apparentemente più dinamiche, si trovarono nella
necessità, per sostentarsi, di aprire un dialogo (e
innumerevoli contenziosi) con i vicini comuni feudali.
Dovettero procurarsi i rifornimenti alimentari, visto
che l'offensiva baronale aveva fortemente intaccato il
loro controllo su importanti zone rurali; le aveva
inoltre
svuotate di contribuenti, lasciando quanti erano
rimasti nei centri più antichi a dividersi
proporzionalmente
un
più forte peso fiscale.
Questa
profonda ristrutturazione degli equilibri territoriali,
questa diversità che avrebbe cominciato a rientrare solo
nell'Ottocento, è visibile a partire dall’analisi
della
la struttura
demografica della popolazione. Nelle zone non
cerealicole, la popolazione era più adulta, l'età al
matrimonio era più alta, e dunque, visto che un mezzo
importante per limitare le nascite era la riduzione del
periodo in cui una donna fertile era sposata, vi
nascevano e vi crescevano un minor numero di bambini.
Gli uomini non morivano molto più giovani delle donne,
come invece accadeva nelle zone di latifondo.
In
queste ultime erano invece evidenti altre importanti
differenze demografiche. La natalità, come la mortalità,
erano più alte. Ci si sposava più giovani,
specie le donne. Nella Sicilia cerealicola e feudale
tutto sembra avvenire ad "alta pressione":
si andava a nozze presto e si facevano molti
figli, per compensare l’alta mortalità infantile; si
restava vedove più che vedovi, perché la vita degli
uomini era più breve. La popolazione risultava così
complessivamente più giovane, composta da giovani
adulti e da bambini più che da persone mature e
anziane: era arduo, nelle zone di latifondo, raggiungere
le età più avanzate.
Era
un lavoro, quello nel latifondo, durissimo e
discontinuo, basato sul pendolarismo settimanale (o
ancora più lungo) degli uomini su spazi agricoli molto
lontani dai centri abitati, e sulla necessità di un
notevole dispendio di forza fisica da parte di maschi
giovani. Ma lo "spreco" di energia (l'essere
umano, in quanto potenziale lavoratore/riproduttore, era
nelle società tradizionali la più importante fonte di
energia), era reso possibile da un’ alimentazione
basata almeno in parte sul grano, piuttosto che su
succedanei dalle peggiori qualità nutritive, e
consentiva ai proprietari di avere a disposizione
manodopera sufficiente per il lavoro agricolo.
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