Le
famiglie ricche
Anche
fra l’ aristocrazia, le élites dei patriziati urbani,
e, con il tempo, nelle famiglie di professionisti o
"borghesi" la continuità del nome (trasmesso
nelle nostre società in linea maschile) e la continuità
dei possessi principali andava tutelata per trasmettere
intatta anche un'eredità "immateriale" di
potere e di relazioni, e perciò diventò sempre più
comune l'eredità fidecommissaria
a un erede principale maschio. La formazione
delle coppie divenne poi oggetto di una vera e propria
politica matrimoniale, finalizzata a utilizzare al
meglio quel "patrimonio" costituito da figli e
figlie, veri veicoli di alleanze tra famiglie, e che
perciò crescevano più numerosi tra i ceti agiati.
Nelle famiglie delle élites, a quanti non erano
destinati al matrimonio, per restringere il numero dei
possibili futuri eredi, si offrivano altre opportunità
di carriera, non meno prestigiose e redditizie, come le
cariche urbane e le dignità religiose. Abati e badesse
amministravano gli ingentissimi patrimoni degli ordini
religiosi che, con la loro mole di donazioni, lasciti
pii e dotazioni, erano tra i maggiori proprietari di
beni agricoli e immobiliari. Con la detenzione di
importanti responsabilità nel governo delle città
l'aristocrazia siciliana divenne un ceto che gestiva le
propria ricchezza e il proprio potere in maniera
complessa e diversificata,
non esclusivamente legata ai possessi rurali e
alla gestione della politica dai seggi parlamentari
riservati alla feudalità. Inoltre la rappresentanza, in
Parlamento, di città, vescovadi e abbazie da parte di
altri membri delle medesime famiglie aristocratiche, o
di personaggi a queste legati, rendeva ancora più
articolate e lungimiranti le strategie familiari dei
gruppi dirigenti.
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