Il “comportamento mafioso”
I
proprietari coinvolti accusavano le autorità di non
saper mantenere la pubblica sicurezza, e si
dichiaravano vittime di uno stato di necessità,
costretti a trattare coi delinquenti per evitare guai
peggiori. Però in alcune inchieste della polizia e in
alcune polemiche giornalistiche il raggio delle
complicità, o -come allora si diceva- del manutengolismo,
appariva molto vasto, e non mancavano casi di
collaborazione molto stretta. Talvolta i proprietari
di terre proteggevano briganti e delinquenti non solo
per quieto vivere, ma per poterli utilizzare come
sicari nelle loro vendette, o anche per danneggiare
economicamente qualche loro rivale. Nella celeberrima Inchiesta
in Sicilia del 1876, Leopoldo
Franchetti affermò che la classe dirigente siciliana
era l'erede diretta del passato sistema feudale, e che
perciò essa era abituata a considerare le istituzioni
strumento di sopraffazione, incapace di innalzarsi
fino alla concezione moderna della legge impersonale e
uguale per tutti. Se le classi alte mantenevano un
tale "comportamento mafioso", era logico che
altri ceti sociali usassero la violenza come normale
strumento di affermazione: così, secondo Franchetti,
c'era una mafia popolare, dei contadini o degli operai
delle zolfare (zolfatai), e c’erano anche
"facinorosi (delinquenti) della classe
media", i quali facevano della sopraffazione un
mezzo di ascesa sociale. Il "comportamento
mafioso" rappresentava per lui la "maniera
di essere" della società siciliana, a tutti i
livelli, in un impasto perverso nel quale gli elementi
tradizionali prevalevano su quelli moderni e li
deformavano.
Il concetto di comportamento mafioso rifletteva
lo sconcerto della nuova Italia per la differenza del
sud, e in particolare la difficoltà dei suoi
funzionari ad applicare i principi liberali di
governo. In parte essi avevano ragione, perché il sud
era effettivamente molto arretrato. Esprimevano però
anche uno strisciante razzismo e un’imperfetta
acquisizione dei valori liberali, in quanto la
supposta "barbarie" della società
meridionale autorizzava l'autorità di polizia ad
adottare provvedimenti restrittivi della libertà
personale senza passare per il giudizio dei tribunali
e senza accuse ben definite, e più in generale
consentiva un tipo di governo sbrigativamente
autoritario, risparmiando una faticosa ricerca del
consenso non solo tra le masse, allora escluse
dal voto, ma anche tra le classi
dirigenti siciliane, tra i proprietari fondiari e i
pochi che sapevano leggere e scrivere.
...::::
torna
su
...:::: vai
paragrafo successivo
...:::: vai
paragrafo precedente
...:::: torna
al sommario della lezione
|