L’autonomismo
di Enrico La Loggia
Con maggiore senso dell’opportunità politica Enrico
La Loggia, eminente
leader socialriformista dell'Agrigentino, premeva, insieme
ad altri politici di fede unitaria, per
un’interpretazione in senso autonomistico dell'istituto
commissariale, non esitando a prospettare i pericoli di
una mobilitazione di massa, capeggiata dai separatisti,
nel caso di un ritorno all'antico regime.
La minaccia era forse strumentalmente esagerata:
per la prima volta la classe politica isolana agitava lo
spauracchio indipendentista per aumentare la sua forza di
contrattazione, al fine di costruire le proprie fortune al
riparo dello schermo protettivo autonomistico. Da questo
uso politico, sempre riaffermato dalla classe dirigente
regionale, nasce la teoria del carattere inscindibile del
binomio separatismo-autonomismo.
Lo stesso interesse
delle forze politiche isolane confermava insomma
l'attitudine degli intellettuali siciliani a vedere
nell'autonomia regionale lo sbocco quasi escatologico
della storia isolana, una convinzione secondo la quale
separatismo e autonomismo avrebbero posto in sostanza lo
stesso problema, quello della liberazione da una secolare
oppressione. I
separatisti con le bande armate, le minacce di
insurrezione, il ricorso all'internazionalizzazione della
questione, avrebbero calato il loro “pugno sul
tavolo”; gli autonomisti avrebbero dato uno sbocco
ragionevole a tale “aspirazioni dei siciliani”.
Tra questi ultimi la posizione più conseguente era
quella di La Loggia, secondo il quale lo Stato doveva
istituire una dotazione finanziaria, in modo da
indirizzare un flusso di investimenti verso la Sicilia,
come riparazione
dei torti storici inflitti all'isola.
Attorno a La Loggia si
riunirono operatori economici, tecnici legati alle poche
industrie esistenti, i tecnocrati del Banco di Sicilia.
Le loro proposte tendenti a favorire una
localizzazione nell'isola di investimenti industriali
avevano una notevole importanza in prospettiva, ma fecero
poca opinione. I
partiti preferirono seguire le spinte di massa e
caratterizzare i loro programmi sulla questione agraria da
una parte e su quella amministrativa dall'altra; per cui
La Loggia assunse una funzione di nume tutelare pur senza
riuscire a creare un movimento politico intorno a sé.
I separatisti rimasero estranei agli aspetti più
innovativi del dibattito, e continuarono a ripetere lo
stanco rituale, vecchio di almeno mezzo secolo, sulle
industrie parassitarie e sulle velleitarie prospettive di
un'economia siciliana in grado di far da sé.
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