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Mafia e ammassi granari                

          L’adozione dell’Indirect rúle era consigliato per via dello scarso impiego di personale amministrativo che tale soluzione avrebbe comportato, tuttavia non era estraneo alle valutazioni alleate la convinzione che la società siciliana fosse molto arretrata, integralmente rurale.  Da ciò la ricerca di collaborazione soprattutto presso le élites agrarie, e quelle aperture a elementi mafiosi poi sopravvalutate dalla letteratura. Ma l'immagine di arretratezza portava anche a sottovalutare la complessità sociale e politica dell'amministrazione dell'isola.  In primo luogo, l'idea che una società rurale potesse contare su un equilibrio naturale tra popolazione e risorse doveva essere messa in crisi dall'esperienza dei primi mesi di occupazione.  I problemi più gravi si presentavano nei centri urbani della costa, dove l'organizzazione degli ammassi, già insufficiente, aveva smesso di funzionare a causa degli eventi bellici.  Ma anche le aree dell'interno, non produttrici a sufficienza di beni alimentari, si trovarono in una situazione difficile, e nei grossi paesi isolani le risorse non erano più disponibili che nelle città.

          Nell'impossibilità di rifornire con proprie scorte la popolazione, gli Alleati puntarono sulla riorganizzazione degli ammassi affidandone ai grandi proprietari la gestione.  In tal modo ritenevano di poter controllare direttamente le più consistenti quantità di prodotto, avvalendosi dell'esempio dei latifondisti per indurre i piccoli proprietari, che in prevalenza alimentavano il mercato nero, a contribuire all'ammasso.  Si rafforzava così la posizione delle élites agrarie nel quadro istituzionale del governo d'occupazione.  Da qui l'impressione che gli Alleati tendessero scientemente a favorire i separatisti.

          La questione degli ammassi ebbe una notevole importanza nella riorganizzazione della mafia. Infatti spesso i mafiosi furono in primo piano nella gestione del sistema degli ammassi; ma ciò consentiva loro, con disinvolta spregiudicatezza, di promuovere il mercato nero che a causa del cattivo funzionamento degli ammassi rappresentava l’unica alternativa alla fame. La mafia assumeva così quella doppia veste, che le è generalmente riconosciuta dagli studiosi, di perturbatrice dell’ordine sociale e di tutrice, rinnovando il mito di organizzazione protettiva e buona. E questo specialmente in quei luoghi della Sicilia occidentale in cui gli alleati avevano nominato sindaci dei mafiosi.

          A questo proposito va fatta una precisazione: le nomine erano avvenute nella logica stessa del governo indiretto, quando gli unici esponenti di una ristretta classe dirigente di piccoli paesi erano proprio i mafiosi. Appare invece destituita di fondamento la ipotesi di un pactum sceleris tra mafia e alleati per l’occupazione della Sicilia. Il rinnovato potere della mafia nella magmatica società del dopoguerra avrebbe però fornito al potere politico un alleato fedele alle istanze filo occidentali, di cui probabilmente gli americani si avvalsero.

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  Sommario
   
  Miti di fondazione
  Il separatismo, un fenomeno congiunturale
  La repubblica siciliana e gli Alleati
  “Il fascismo malattia del Nord”
  L’ecosistema latifondistico
  Antonio Canepa e il sicilianismo dei ceti medi
  Gli alleati e la parentela normanna
  Mafia e ammassi granari  
  Il dibattito sul decentramento
  L’autonomismo di Enrico La 
 Loggia
  Il ritorno all’Italia
  Il Movimento indipendentista siciliano
  Le rivolte del “non si parte!”
  I decreti Gullo
  La difficile ricerca di un autonomismo democratico
  La nascita della Regione
  Portella delle Ginestre
  Il riparazionismo
   
   
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