“Il
fascismo malattia del Nord”
Il fascismo “malattia del
nord” era la formula che i separatisti offrivano alla
classe dominante isolana e che consentiva ad essa di
presentare sotto una nuova luce il proprio rapporto col
regime. Nasceva
così il mito dell’estraneità della Sicilia al fascismo
(che avrebbe contribuito ad avvicinare agli
indipendentisti i ceti medi), della sua tiepida adesione,
di un precoce distacco che ora i separatisti compendiavano
nel rifiuto dello Stato unitario; proprio quella struttura
istituzionale avrebbe consentito la nascita e la
stabilizzazione della dittatura, stigmatizzata come
l'espressione delle tensioni sociali che travagliavano la
società industriale. Secondo la vulgata
separatista, la Sicilia aveva ignorato il fascismo,
dovendolo poi subire, così come aveva ignorato gli
eccessi demagogici del primo dopoguerra che avevano
provocato la reazione autoritaria. Alle
“degenerazioni” dell'industrialismo, separatisti e
agrari contrapponevano l'immagine rassicurante di una
società governata dalla sua naturale
élite fondiaria, capace di trovare la via del progresso e
della modernità attraverso uno sviluppo commerciale e
agricolo al di là delle forzature che erano prevalse
nella politica economica dell'Italia liberale e fascista.
Partendo da
tali premesse, le élites
agrarie avevano buon gioco nel ritagliare per sé un
ruolo importante nella crisi di consenso dell'ultimo
fascismo, guerriero, antibritannico, accentuatamente
industrialista, non alieno da impennate demagogiche
antiplutocratiche. La
vocazione aggressiva e nazionalista era presentata come
una conseguenza del protezionismo
industriale, ancora
secondo una classica linea d'ispirazione liberista;
l'organizzazione dell'economia di guerra, con i suoi
corollari di ammassi
alimentari obbligatori e
d'intervento statale per la trasformazione del latifondo,
veniva presentata come un attacco alla Sicilia destinato a
provocare la ribellione della classe dominante locale.
In realtà, l'atteggiamento dei maggiorenti
separatisti non si differenziava dal più generale quadro
di apatia nel quale era maturato il distacco dell'opinione
pubblica isolana dal fascismo, mentre resta dentro nebbie
non penetrabili dalla ricerca storica il preteso
antifascismo militante del futuro Mis (Movimento per
l'indipendenza della Sicilia).
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