Il
separatismo, un fenomeno congiunturale
Il
separatismo si presenta come un fenomeno strettamente
legato alla congiuntura del '43-47 e alla rottura, di
fatto, della compagine nazionale causata dall'occupazione
alleata. L'emergere
del gruppo separatista si colloca nel più generale
ritorno in auge dei notabili
prefascisti provocato dalla
catastrofe bellica e postbellica, a fronte dell'ostinato
tentativo di spoliticizzazione e burocratizzazione attuato
dal regime fascista per darsi un’identità totalitaria
e anticlientelare soprattutto al sud, dove meno
profonde erano le basi di massa della dittatura.
Il dileguarsi
dell'organizzazione e della sostanza stessa del regime
fece tornare in auge, di converso, l'ultima generazione
dei politici professionali dell'età liberale, con la loro
collaudata rete di rapporti personali e con un' auctoritas
ampiamente riconfermata dal corso degli avvenimenti.
Personaggi di questa estrazione, come Andrea
Finocchiaro Aprile e Giovanni
Guarino Amella, e con
loro molti altri uomini politici rimasti forzatamente a
riposo per vent’anni, furono alla testa del palermitano Comitato
per l'indipendenza della Sicilia,
che all' arrivo
degli Alleati nel
capoluogo (28 luglio '43) cercò di presentarsi come
l'interlocutore privilegiato per la costituzione di un
governo provvisorio.
Il più noto era proprio Finocchiaro Aprile,
discendente da una famiglia di politici liberali: Camillo,
il padre, era stato ministro di Grazia e Giustizia con
Giolitti; lo stesso Andrea aveva avuto un ruolo importante
nella fase liberal democratica del primo dopoguerra, come
sottosegretario alla Guerra e alle Finanze nel governo
Nitti. Era anche, e in questo seguiva una tradizione
familiare, un alto dignitario della massoneria.
Nella fase di normalizzazione del consenso al regime
fascista, Finocchiaro Aprile, desideroso di ritornare a
ricoprire un ruolo politico di primo piano, si era invano
rivolto a Mussolini per ottenere la nomina a senatore e la
carica di direttore generale del Banco di Sicilia, non
avendo remore, dopo la promulgazione delle leggi razziali,
a denunciare, con lettera a Mussolini dell’11 novembre
1939, il direttore allora in carica, Giuseppe dell’Oro,
in quanto ebreo e perciò indegno di ricoprire così
delicato incarico.
Nella
visione di Finocchiaro Aprile il sicilianismo, la ricerca
di un’identità, appariva fortemente influenzato dalle
tematiche antiplutocratiche
e antisemite
dell’ultimo fascismo, che peraltro
aveva tentato di avvalersi del recupero di una dimensione
folklorica mentre procedeva alla brutale burocratizzazione
dei rapporti tra la società isolana e il potere centrale.
Ma questa ricerca di identità comportò alla fine
chiusura e provincialismo, riproponendo in piccola scala
quella esasperata chiusura che l’ipernazionalismo
fascista aveva provocato su grande scala, discriminando ed
escludendo cittadini in base alle opinioni, poi in base a
criteri sempre più arbitrari come quello delle
appartenenze razziali. Proprio davanti a queste differenti
e convulse fasi della politica italiana degli anni Trenta
e Quaranta riemerse in tutto il suo spessore la vocazione
trasformista della classe politica prefascista
meridionale, una vocazione la cui continuità va
sottolineata davanti ai tentativi di Finocchiaro Aprile di
ritornare alla politica attiva.
Con l’occupazione alleata si
presentò ad
essa una nuova opportunità.
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