L’ecosistema
latifondistico
Forse
proprio per accreditare la tempestività dell'antifascismo
agrario, il conte Lucio Tasca Bordonaro datò al 1941 il
suo opuscolo L'elogio
del latifondo siciliano, destinato a divenire il
manifesto della destra separatista; a noi resta però
soltanto un'edizione del 1944, momento in cui la critica
del fascismo poteva attirare solo consensi e nessun
pericolo. Comunque
gli obbiettivi polemici del Tasca erano i progetti di
riforma del latifondo,
avviati nel '39-40 e destinati a conoscere una ripresa ben
altrimenti efficace a opera del movimento popolare nel
dopoguerra. “L’assalto al latifondo” del ‘39
–’40, fu in effetti un momento cruciale per la
definizione dei rapporti tra la possidenza agraria
siciliana e lo Stato. Appariva chiaro, infatti, che la
tutela statale sempre goduta dalle classi dominanti
siciliane stava per finire. Questa tutela aveva consentito
il perpetuarsi di un’anacronistica arretratezza in
Sicilia, ma ora proprio questa arretratezza si era
trasformata in debolezza e isolamento di fronte al
complesso delle classi dominanti su scala nazionale, tale
da non permettere, almeno sul breve periodo, di formulare
una strategia valida per tutto il paese.
Con
l’invasione alleata, iniziata proprio dalla Sicilia, i
grandi proprietari avevano avuto l’opportunità di
dissociarsi per primi da ogni imbarazzante solidarietà
con le classi dominanti nazionali e con la monarchia,
pensando che le une e l’altra sarebbero certamente state
travolte dalla stessa rovina del fascismo. Puntare
sull’isolamento significava tentare un estremo
salvataggio del loro anacronistico mondo.
L'elogio, come dice lo stesso titolo, era un'apologia
dell'economia latifondistica, descritta come sistema
capace di garantire la stabilità sociale dando luogo nel
contempo al massimo dell'efficienza tecnico-economica
possibile nelle condizioni della Sicilia dell'interno.
Era la ripresa di un tema classico della grande
possidenza isolana, sulla naturalità del latifondo,
attribuibile in origine al marchese di Rudinì nella
battaglia di opposizione alla legge Crispi all'indomani
dei Fasci
(1894).
Eppure Tasca non era né uno sprovveduto né un
misoneista, anzi le fonti ce lo dicono proprietario
relativamente attivo e attento alle questioni produttive.
Le argomentazioni “tecniche” del grande agrario
palermitano avevano invece un significato eminentemente
politico, in un momento in cui non sembra esserci spazio
per cedimenti tattici: attorno alla proprietà bisognava
unificare tutte le forze sociali isolane, che andavano
sottratte alla prospettiva dell'unità di classe su scala
nazionale: “Il latifondo, se ed in quanto esso esiste,
non può risolversi che dai siciliani, perché è problema
schiettamente siciliano”.
...::::
torna
su
...:::: vai
paragrafo precedente
...:::: vai
paragrafo successivo
...:::: torna
al sommario della lezione
|